di Marco Mastrorilli (www.passionehemingway.it)
Immaginiamo di fermare per strada alcune persone a caso in città: la maggior parte saprebbe riconoscere in Hemingway un grande scrittore. A decenni dalla sua scomparsa, la figura di Ernest Hemingway rimane infatti fortemente iconica, grazie anche al suo carattere istrionico e irriverente, che contribuì a costruire l’immagine di un uomo duro e virile. Chi ha studiato la vita del romanziere, tuttavia, sa che dietro l’apparenza di machismo, si nascondeva un uomo fragile, generoso e profondamente segnato dal personaggio pubblico che lui stesso aveva creato. Il biografo Michael Katakis lo ha definito un “trendsetter” ante litteram, attento persino a come veniva ritratto in fotografia, quasi un pionieristico influencer della prima metà del secolo scorso.
Se però chiedessimo alle stesse persone di citare le sue opere più note, probabilmente solo Il vecchio e il mare e Addio alle armi verrebbero menzionati con sicurezza. Un aspetto ancora meno conosciuto riguarda l’attenzione che Hemingway riservava alla scelta dei titoli dei suoi libri: ogni titolo nasconde una storia interessante, e vale la pena approfondire questa caratteristica del suo processo creativo, che rivela molte curiosità sulla sua personalità e sul suo approccio alla scrittura.
Il primo grande successo editoriale di Ernest Hemingway arriva nel 1926, quando la casa editrice Scribner & Sons, su consiglio di un altro dei suoi autori di punta, Francis Scott Fitzgerald, decide di pubblicare il suo primo romanzo. L’opera diventa il manifesto di una generazione di giovani e disillusi. Parliamo di un libro che in Italia conosciamo come Fiesta, ma che uscì negli Stati Uniti con il titolo originale The Sun Also Rises (Il sole sorge ancora). Nei titoli delle opere di Hemingway si trovano spesso riferimenti storici, religiosi o curiosità che vale la pena approfondire, e The Sun Also Rises non fa eccezione.
Il titolo The Sun Also Rises è un riferimento preciso a un passaggio del Libro dell’Ecclesiaste, presente nella Bibbia, che sottolinea la natura ciclica del tempo e offre la promessa di rinascita.
Ecclesiaste 1:1-18: “Il sole sorge e il sole tramonta, e poi si affretta a tornare al luogo da cui sorgerà di nuovo.”
Per un romanzo incentrato principalmente sul vuoto e sulla leggerezza della Lost Generation, il titolo scelto può sembrare inizialmente ironico. Tuttavia, offre anche una lettura più positiva: richiamando un’immagine ottimistica, Hemingway suggerisce la possibilità che un futuro significativo possa ancora essere raggiungibile.
In Italia, questo libro arriva solo nell’immediato dopoguerra, quando un intraprendente e audace editore romano lo pubblica con il titolo E il sole sorge ancora. La casa editrice, la piccola Jandi Sapi, inizia a tradurre e distribuire diverse opere di Hemingway senza averne i diritti, il che significa che Hemingway non riceverà mai alcuna royalties da queste edizioni italiane. La situazione si conclude nel 1946, quando Mondadori, titolare dei diritti di pubblicazione per l’Italia, fa causa a Jandi Sapi, bloccandone le pubblicazioni non autorizzate di Hemingway.
Ecco che The Also Sun Rises viene pubblicato da Einaudi con il titolo di Fiesta che si stacca dal titolo originale, ma evoca il senso festaiolo del libro e di quelle atmosfere degli anni ’20 parigini e spagnoli.
In Italia, nel frattempo, Fernanda Pivano su suggerimento di Cesare Pavese, si dedica alla traduzione di uno dei capolavori di Hemingway, Addio alle armi (Farewell to arms) anche lui censurato dal regime fascista che vedeva in Hemingway un oppositore.
Ricordiamo che lo scrittore americano, definì Mussolini il più grande bluff d’Europa.
Farewell to arms era uscito in America e nel resto del mondo, nel 1929 ma come vedremo la scelta finale del titolo fu molto faticosa per il Nobel americano.
Chi conosce la vita di Ernest Hemingway sa quanto fosse dedito alla scrittura: viveva per scrivere, ponendo una cura maniacale nella revisione e nella scelta delle parole, che dovevano incastrarsi perfettamente come tessere di un mosaico. Anche la selezione del titolo era per lui un processo laborioso.
Addio alle armi, forse per i ricordi legati alle esperienze traumatiche della Prima Guerra Mondiale e alla dolorosa ferita subita a Fossalta di Piave nel 1918, lo portò a interrogarsi profondamente. Per questo romanzo Hemingway arrivò a scrivere ben 47 finali diversi, e alla fine – senza anticipare nulla – il finale scelto lascia il lettore senza parole. Klaus Mann, scrittore tedesco e figlio del celebre Thomas Mann (autore di Morte a Venezia), definì il finale di Addio alle armi “il passaggio più devastante mai scritto da Hemingway.”
Se il finale fu così elaborato e potente, altrettanto impegnativa fu la scelta del titolo. Esistono due pagine manoscritte di Hemingway in cui l’autore annotò numerosi possibili titoli, che lui stesso definì ironicamente “titoli di merda.” Tra questi, ne riporto alcuni: sono più di quaranta, e potete leggerli tutti nella splendida edizione curata dal professor Paolo Simonetti dell’Università La Sapienza di Roma, pubblicata negli Oscar Moderni Mondadori del 2016.
Love in bar (amore in guerra), If you must love (se devi amare), A world to see (un mondo da vedere), An italian chronicle (una cronaca italiana), Love is one fervent fire (l’amore è un fuoco ardente), Love in Italy (amore in Italia), in Another country (in un altro paese, che poi diverrà il titolo di un racconto) sono alcuni dei titoli scartati da Hemingway.
Alla fine scelse Fareweel to arms ovvero Addio alle armi, ma proprio in questa curatela si capisce quanto il finale e il titolo furono scelte difficili, quasi tormentate per Hemingway.
Nel 1940 esce un nuovo romanzo di Hemingway che ottiene un successo travolgente, tanto da farlo considerare un potenziale vincitore del Premio Pulitzer, che gli verrà poi assegnato nel 1953, un anno prima del Nobel.
Il libro, For Whom the Bell Tolls (Per chi suona la campana), è una storia di amore e di guerra, simile per temi a Addio alle armi ma ambientata durante la Guerra Civile spagnola, un conflitto che infiammò l’Europa alla vigilia della folle discesa in guerra del nazismo.
Il titolo Per chi suona la campana allude ad un verso del poeta John Donne ( «And therefore never send to know for whom the bell tolls. It tolls for thee» – e allora non chiedere mai per chi suona la campana, essa suona per te).
Riportiamo la poesia che ispirò Ernest Hemingway.
Nessun uomo è un isola
Nessun uomo è un’isola,
completo in se stesso;
Ogni uomo è un pezzo del continente,
una parte del tutto.
Se anche solo una zolla venisse lavata via dal mare,
la Terra ne sarebbe diminuita,
come se un Promontorio fosse stato al suo posto,
o una magione amica o la tua stessa casa.
Ogni morte d’uomo mi diminuisce,
perché io partecipo all’Umanità.
E così non mandare mai a chiedere per chi suona la campana:
Essa suona per te.
John Donne da Meditazione XVII
Questa volta il mistero del titolo è relativo, poiché lo stesso Hemingway riporta in epigrafe al libro alcuni versi di una poesia di John Donne (1573-1651), uno dei poeti più celebri del Cinquecento.
Il protagonista del romanzo, Robert Jordan, è un intellettuale americano che combatte in Spagna a fianco delle forze repubblicane, con l’incarico di minare e distruggere un ponte di importanza strategica per le forze franchiste. Dietro le linee nemiche, insieme alla banda di guerriglieri di Pablo, Robert incontra Maria, una giovane segnata dalla brutalità della guerra.
La storia si sviluppa tra la riluttanza di Pablo, il forte senso del dovere di Robert Jordan e l’intenso amore per la vita suscitato dalla presenza di Maria. Per chi suona la campana è oggi considerato una delle opere più riuscite di Hemingway.
Nel 1950, esattamente dieci anni dopo Per chi suona la campana, esce un nuovo romanzo di Hemingway, accolto negativamente dalla critica. Alcuni giornalisti e critici arrivarono a considerarlo la prova evidente di uno scrittore ormai sul viale del tramonto.
Il libro, in cui Hemingway riponeva invece molta fiducia, è Across the River and Into the Trees (Di là dal fiume e tra gli alberi). Il romanzo fu pubblicato da Charles Scribner’s Sons dopo essere apparso a puntate sulla rivista Cosmopolitan all’inizio dello stesso anno.
Il titolo, anche in questo caso, ha un’origine particolare: deriva dalle ultime parole del generale dell’esercito confederato Thomas “Stonewall” Jackson, che fu ferito a morte dal fuoco amico durante la guerra civile americana: “Attraversiamo il fiume e riposiamoci all’ombra degli alberi”. Fu soprannominato Stonewall muro di pietra per aver resistito con eroismo agli attacchi dell’esercito dell’Unione, era il 21 luglio 1861 nella battaglia di Bull Run.
Parlando ancora del romanzo di Hemingway, c’è un paradosso curioso: pur ricevendo molte critiche e non registrando vendite straordinarie sul lungo periodo, al momento dell’uscita il libro ebbe un lancio travolgente. Raggiunse infatti subito la vetta dei bestseller americani, passando ben sette settimane al primo posto nella classifica del New York Times nel 1950.
Nel 1964, tre anni dopo la morte di Hemingway, uscì la sua prima opera postuma, dedicata ai suoi anni parigini e molto amata dai lettori: Festa mobile (A Moveable Feast). Non essendo stato pubblicato in vita, il titolo non fu scelto da Hemingway ma da sua moglie, Mary Welsh. Il libro non è un romanzo, ma una raccolta di racconti autobiografici che narrano la vita di Hemingway a Parigi tra il 1921 e il 1926. Secondo A. E. Hotchner, amico di lunga data di Hemingway, il titolo originale era Paris Sketches, come riportato in un articolo del New York Times, ma a Mary non piaceva. Ricordando una frase di Ernest – che aveva descritto Parigi come una “festa mobile” – decise di cambiare il titolo.Quel che è certo che a prescindere dai titoli i libri di Hemingway sono dei classici che lo hanno consacrato una delle voci più forti delle letteratura del Novecento.
Bibliografia
Donne J., 2007. Poesie, a cura di Alessandro Serpieri e Silvia Bigliazzi, BUR.
Hemingway E. 1964. A Moveable Feast. New York: Scribner’s sons.
Hemingway E., 2016. Addio alle armi. Curatela a cura di Paolo Simonetti. Oscar Moderni Mondadori.
Hotchner A.E., 1966. Papa Hemingway. A.E. Milano, trad. E. Capriolo.
Katakis, M. 2019. Hemingway L’uomo e il mito. Milano: Mondadori.
Mastrorilli M., 2024. I traduttori italiani di Hemingway. Da I segreti della vita di Hemingway. Monografia di LibriCK. Edizioni Open. 8:70-77.
Scarpino C., 2022. Dear Mr. Mondadori. La narrativa americana nel catalogo Mondadori 1930-1968. Fondazione Mondadori.
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