SE UNA MATTINA D’ESTATE UN ILLUSTRATORE
Introduzione di Caterina Corucci
Dicono che Piazza Padella a Piombino sia la piazza più piccola del mondo, appena sei metri per quattro, incastrata tra le viuzze vicino al porticciolo di Marina. Dicono che si chiami così perché è grande come la padella per friggere il pesce alle feste di paese. Ed è qui che aspetto Elena Goggi, la nuova collaboratrice della nostra rivista. Insieme andremo a intervistare un personaggio interessante che avevo già incontrato quale illustratore del libro “Lampo il cane viaggiatore”. Quel giorno di maggio scoprii che Massimo Panicucci è anche altro, e vale la pena conoscerlo meglio. E poiché lui e Elena parlano la stessa lingua, non solo perché sono entrambi di Piombino ma anche perché musicisti, decido di farmi da parte ed è con piacere che lascio la penna a lei.
Di Elena Goggi
Parafrasando Italo Calvino, se una mattina d’estate un illustratore ti apre la porta della sua casa e ti fa entrare fin nel suo studio, con la finestra aperta su un meraviglioso mare azzurro così vicino che vien voglia di tuffarsi, cosa può succedere?
Succede di ascoltare una storia che rende quella mattina più ricca e affascinante di quella del giorno prima e di conoscere un artista “poliglotta”.
Siamo abituati a rispondere alla domanda “Quante lingue parli?” più o meno allo stesso modo: un po’ di inglese imparato a scuola e potenziato con qualche corso pomeridiano con insegnante madrelingua, pochissimo francese, imparato alle medie. Eppure ti può capitare di incontrare, una mattina d’estate, qualcuno che di lingue, anzi di linguaggi, ne “parla” parecchi e tutti con la stessa passione e padronanza.
Si tratta di Massimo Panicucci, piombinese, che ci parla di sé e del suo amore per la grafica pubblicitaria, l’illustrazione, la musica, e di come ha intrapreso la strada che lo ha portato ad essere quello che è.
Frequenta l’Istituto grafico pubblicitario a Firenze, negli anni Settanta, anni in cui i suoi coetanei scelgono perlopiù indirizzi scolastici legati alla possibilità di trovare un lavoro nelle fabbriche dell’allora altisonante Piombino all’interno del mondo della siderurgia nazionale. Tuttavia la perdita del padre, avvenuta quando Massimo aveva diciotto anni, lo costringe ad affrontare una “sliding door”, ovvero continuare ad abitare a Firenze per dedicarsi completamente all’approfondimento dei suoi studi e cominciare a fare i primi passi nel mondo del lavoro o rientrare a Piombino, per non abbandonare la madre. Sceglie quest’ultima possibilità e cerca di realizzare ugualmente il suo sogno, mettendo su uno studio di grafica pubblicitaria, in un periodo in cui, racconta, da Livorno a Grosseto non sapevano neanche cos’era un trasferibile.
La definisce un’avventura pionieristica, la sua, quella di imporsi in questo mestiere e far capire che tipo di attività fosse, legata a stereotipi che la relegavano a ruolo di passatempo e non di impiego vero e proprio, in una città che considerava lavoro solo quello che orbitava intorno alla fabbrica, l’Italsider, come operaio o impiegato. Lentamente acquisisce “credibilità” e si fa il suo orticello di clienti, che gli richiedono pacchetti pubblicitari, brochure, merchandising e tutto ciò che riguarda la comunicazione dell’hinterland siderurgico. In poco tempo arriva a contare fino a duecento clienti, tra privati e aziende importanti.
Nonostante la sua palestra sia stata la grafica pubblicitaria, Massimo ha una passione, quella di disegnare e rievoca la sua adolescenza segnata dall’asma che lo costringe per lunghi periodi a letto, confortato dalla presenza di un piccolo tavolo portatile su cui mangiare, ma capace di trasformarsi in un piccolo tecnigrafo, con l’aiuto di un leggio. E’ proprio durante una di queste convalescenze che disegna il suo primo fumetto, all’età di dodici anni, concretizzando sul foglio la passione per le sue letture di fumetti come Tex, Diabolik, Criminal.
Comincia così a diventare un cacciatore di storie che nessuno ha mai raccontato e le trasforma in graphic novel, forma narrativa in cui le storie a fumetti hanno la struttura del romanzo, quindi autoconclusiva e con un intreccio sviluppato. Da molti la graphic novel viene considerato una forma di fumetto a metà tra il genere e il meccanismo narrativo. Esprime una indubbia immediatezza comunicativa e ha permesso l’abbattimento delle barriere tra il mondo adolescenziale e quello adulto. Esattamente come in una pellicola cinematografica, la graphic novel usa l’astuzia visiva che permette alla sceneggiatura di prendere forma. Un ruolo fondamentale è dato dal montaggio delle illustrazioni, che scandisce il ritmo del tempo narrativo.
E sono proprio di Massimo Panicucci le illustrazioni della pubblicazione datata 2017 “Simonetta Cattaneo, la perla del Rinascimento a Piombino”, una graphic novel in cui storia e immaginazione si incontrano e ci restituiscono un affresco della Piombino quattrocentesca attraverso parole e immagini. L’importanza strategica del canale della città in età moderna non è certo cosa nuova, ma è interessante osservare come un assetto politico-matrimoniale, portato avanti dalla famiglia Appiani, abbia senza volerlo contribuito alla realizzazione di una delle più importanti opere di Sandro Botticelli, “La nascita di Venere”.
La musa ispiratrice del Botticelli fu proprio Simonetta Cattaneo Vespucci, giovane nobildonna nata a Genova nel 1453, ma trasferitasi proprio a Piombino per trascorrere il periodo della sua vita che va dai sei ai sedici anni, esiliata insieme alla famiglia e accolta alla corte del cognato Jacopo III Appiani, signore di Piombino. Capigliatura bionda, pelle luminosa ma non olivastra, gli occhi grandi e un poco sporgenti, le palpebre bianche, le sopracciglia folte e le ciglia non troppo lunghe.
Nel 1468 sposa Maro Vespucci, parente del più famoso Amerigo e muore all’età di soli ventidue anni a Firenze, di tubercolosi o tisi. Sappiamo che qui è sepolta nella Chiesa di Ognissanti, la stessa dove riposa anche Sandro Botticelli.
Panicucci, nelle sue illustrazioni, ha voluto raccontare e tramandare la vicenda della “bella Simonetta”, che non solo stregò il pittore fiorentino, ma conquistò l’ammirazione di Lorenzo il Magnifico, che la definì la sans par e l’amore di Giuliano de’ Medici, intrecciando abilmente leggenda e storia.
A settembre è prevista l’uscita del suo prossimo romanzo grafico , dedicato alla partita di calcio avvenuta nel 1951 tra Piombino e Roma, vinta dalla squadra locale 3 a 1, davanti a diciassettemila spettatori. Un evento per l’epoca, che Panicucci vuole fissare nella memoria collettiva attraverso le sue illustrazioni, in modo che il mestiere di grafico riesca a tramandare episodi e momenti significativi in eredità a chi non li ha vissuti.
Gli attrezzi del mestiere che sono la tavolozza da cui Massimo Panicucci ha attinto per lavorare sono, come li definisce lui, tre tipi di segni: uno ludico, rotondo, adatto ai bambini, che ritroviamo nella pubblicazione “Le avventure di due piccole Api nel fantastico mondo di Apilandia” Pacini Editore, con cui Panicucci è stato invitato al Salone del Libro di Torino, un altro per bambini un po’ più cresciuti ed uno per ragazzi, appunto racchiuso nelle graphic novel. Agli occhi del mondo il segno conta, per identificare la propria opera, ricorda Massimo. “Il fumetto è davvero una fusione straordinaria, un piccolo miracolo di sintesi: rimanda al romanzo, al cinema, ma anche al documentario, alla fotografia, alla pittura” (Giancarlo Berardi)
Mentre ci guardiamo intorno, per ammirare tutti i suoi disegni, tavole, bozze, parte una traccia audio dal suo Mac e ci viene presentata un’altra “lingua” di cui il nostro artista è perfettamente padrone. Si definisce cantautore, sempre ai margini della discografia ufficiale, ma fedele alle proprie idee. Non si ritiene assimilabile ad alcun genere e quando va a fabbricare gli scenari sonori scaturiti dalle parole, influenzato da contaminazioni, sa che è sempre il testo che guida la musica. E così ascoltiamo alcuni brani da lui composti, eseguiti alla chitarra e cantati, che ci portano lontano, con sonorità eleganti e narrative, tracciate da un’anima ricca di creatività fervida ed inesauribile. Ci salutiamo e per un attimo ci immaginiamo che Italo Calvino, forse, avrebbe fatto volentieri cambio con noi, in questa mattina d’estate.
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