di Enrico Pompeo
Titolo: Mastro Geppetto
Autore: Fabio Stassi
Editore: Sellerio
Pagine: 119
Che cosa rappresenta l’elemento cardine delle narrazioni che incantano i bambini, attraggono gli adolescenti e convincono gli adulti? La presenza della magia, l’irruzione, nella trama, del fantastico, dell’inverosimile. Ma cosa succederebbe se a questi racconti venisse tolta tale caratteristica e rimanesse la realtà cruda e amara di una vicenda? Questo è il percorso che sceglie di compiere Fabio Stassi, uno degli scrittori più completi, originali e di qualità della narrativa contemporanea italiana ed europea, dato che i suoi libri sono tradotti in molti paesi del vecchio continente. Confrontarsi con una storia che è patrimonio prezioso di tutto il mondo e rovesciarla completamente. Questa operazione, infatti, non produce un libro da ascrivere al filone della “letteratura derivativa”; questo romanzo non è l’ennesima trasposizione del Pinocchio di Collodi. È un libro che parte da quel classico e lo spoglia di qualsiasi connotazione fiabesca, immaginifica. Per questo risulta subito evidente che nessun legno può parlare, fare capriole, camminare. Eppure, il desiderio profondo di un uomo preso a schiaffi dalla vita, di avere un figlio può far sì che la realtà assuma contorni e sembianze che solo a lui risultano vere e autentiche.
Stassi d’altronde ha già mostrato, in altri suoi romanzi, un’attenzione, un amore verso i personaggi esclusi dalla collettività, gli “scemi del villaggio” per intendersi. Questo è evidente anche da alcuni titoli, di alto valore, che compongono la collana di narrativa italiana da lui curata per Minimum Fax, ma anche da molte delle sue storie. Anche qui il povero falegname, chiamato Geppetto con un nomignolo che ne storpia il nome originale di Giuseppe, è vittima degli scherzi crudeli e perfidi, organizzati ai suoi danni dai compaesani e orchestrati dalla mente vigile di Mastro Antonio, vero manipolatore dei destini altrui. Il punto è che questa cattiva burla legata a un ciocco di legno non produce l’effetto sperato e Geppetto, addirittura, ci crede così tanto da non arrendersi davanti all’evidenza e rincorrere il fantasma di un figlio anche a costo di perdere totalmente se stesso.
Scritto in una lingua precisa, scarna, essenziale, eppure ricca di venature poetiche, questo libro delinea una strada che porta dentro le nostre paure, le angosce, le cattiverie meschine che, a volte, ci occupano la mente e ci spinge a farne i conti, come un monito perenne ad ascoltare i senza voce, i “cocciamatta” che, spesso, ne sanno più di noi, quanto a libertà e verità.
Un romanzo crudo, amaro, ma di una tenerezza profonda, soprattutto nel delineare la figura del protagonista e nel raccontare di questo suo viaggio, pericoloso e difficile, sulle tracce di qualcuno che non ci può essere, ma che, invece, per Geppetto esiste e questo basta e avanza per non arrendersi e continuare a cercare.
Stassi compie in modo egregio un’operazione difficile, confrontarsi con Pinocchio e denudarlo della sua vena di incanto, creando un testo che riesce a essere, nonostante questo, quasi leggero, tanto è asciutto, pur raccontando episodi così drammatici. Un esempio calzante è il modo in cui l’autore trasforma il Pescecane di Collodi in un oggetto reale, concreto, realizzando una trasposizione amara, eppure totalmente convincente e coerente con la storia.
Un libro che non si dimentica, che fa male, ma offre squarci e prospettive di salvezza.
Buona lettura.
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