di Enrico Pompeo
TRILOGIA DI BOIS SAUVAGE
Salvare le ossa – Canta, spirito, canta – La linea del sangue
NN Editore
Traduzione: Monica Pareschi
Il National Book Award è il premio di narrativa più prestigioso degli Stati Uniti. Nel corso della sua più che centenaria storia è stato vinto da una sola scrittrice e dalla stessa per ben due volte: la prima nel 2011 e la seconda nel 2017. Fregiarsi di questa onorificenza per due occasioni era stato, fino ad allora, un merito dei seguenti autori: Faulkner, Updike, Roth, Cheever e Malamud. I primi tre considerati tra i massimi esponenti della letteratura contemporanea mondiale. Chi è l’autrice che è riuscita in questa titanica impresa? Jesmyn Ward, la prima volta con il primo capitolo della sua Trilogia, “Salvare le ossa”, nel 2017 con il secondo capitolo: “Canta, spirito, canta”.
In Italia, ancora una volta, dobbiamo ringraziare NN Editore per averla potuta leggere.
Dopo Haruf, un’altra grande voce della narrativa statunitense arriva a noi.
Ho letto tutti e tre i libri e sono rimasto incredulo. Si possono leggere anche separatamente, visto che le storie narrano le vite di personaggi che condividono lo stesso territorio, la Fossa, una zona paludosa denominata Bois Sauvage vicino al delta del fiume Mississippi e l’appartenenza geografica ed etnica, dato che sono tutti appartenenti alla comunità nera, ma il racconto ne illustra vicende che non hanno diretta relazione tra loro e ci sono accenni, momenti in cui in un testo appaiono, sullo sfondo, quei personaggi che saranno i protagonisti di un altro libro.
Come già nella “Trilogia della Pianura” di Haruf. Ma gli accostamenti si esauriscono qua, secondo me. Se Haruf è il maestro indiscusso della parola che si fa materia, che scarnifica la realtà fino a svelare l’essenziale, ciò che è nascosto allo sguardo frettoloso, lo stile della Ward è totalmente diverso. Qui non c’è traccia di minimalismo, di una riproposizione dimessa della quotidianità, che Haruf, per altro, riesce a rendere così realistica da risultare molto potente.
La lingua della Ward, pur nella sua forza espressiva e nella durezza di situazioni raccontate, ha una qualità quasi poetica, ipnotica, con metafore e accostamenti lirici: incanta e riesce a trasmettere in modo profondo l’accadere emotivo dei suoi personaggi e della loro terra. Attraverso le parole scelte, si sentono il fiume, le piante, la palude cantare. Il luogo è vicino al delta del Missisipi, nelle zone spesso devastate dagli uragani, come quello di Katrina, uno dei protagonisti del primo libro. Quella della Ward è una natura che respira, comunica e interroga, con i suoi misteri e le sue alternanze di ombra o luce.
In questo mondo, anche gli spiriti hanno voce e c’è una compresenza tra i vivi e i morti, come fossimo solo onde del grande fiume che scorre, così uguale, ma nello stesso tempo diverso a se stesso.
È difficile per me dire quale dei tre mi è piaciuto di più. Anche prima di sapere della vittoria del premio, però, avevo trovato in “Linea di Sangue” quello meno suggestivo, evocativo, pur in una qualità di alto profilo.
“Salvare le ossa” parla di fratellanza, di quanto possa essere profondo il legame che unisce una ragazzina, Esch, ai suoi tre fratelli, a come la loro unione possa sopravvivere a un padre immerso nell’alcol e nel dolore per una moglie che non c’è più da tanto, ma, soprattutto, alla violenza di un tifone, di un uragano che distrugge ogni cosa. E racconta anche dell’amore che si può sviluppare tra un ragazzo e il suo cane, China, un molosso adatto a combattere e le scena dei duelli tra i vari animali sono tra le più toccanti del libro.
“Canta, spirito, santa”, invece, parla di Jojo, un tredicenne che vive con i nonni, la madre e una sorellina. Quando il padre, Michael, esce di prigione, la moglie Leonie parte con i figli per andare a prenderlo. E nel viaggio il ragazzo e la madre sentono voci di spiriti che si muovono col vento e che cercano di capire il mistero della vita e della morte.
“La linea del sangue” parla di due gemelli e di come le loro vite, alla fine della scuola superiore, si dividano, tra lavori mal pagati, le sirene dello spaccio di droga e dei soldi facili, le prime ragazze e le liti.
In tutti e tre si parla di famiglie difficili, di rapporti problematici, di dolori e ferite, eppure c’è la speranza di una ricomposizione, di una cura per queste fratture, nel riconoscere gli affetti, quelli veri, anche con chi non è più di questo mondo, perché volersi bene, davvero, può salvare il mondo.
Ve li consiglio molto. Soprattutto i primi due. Non ve ne pentirete.
Buona lettura.
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