di Enrico Pompeo
Titolo: Il disagio della sera
Autrice: Marieke Lucas Rijneveld
Edizioni: Nutrimenti
Traduzione: Stefano Musilli
Pagine: 251
L’autrice lo ha scritto a soli ventiquattro anni rivelando così il suo talento. Classe 1991, nel 2015 ha pubblicato un libro di poesie con il quale ha vinto il premio più importante nel suo paese, i Paesi Bassi, per i componimenti poetici. L’anno dopo si è cimentata nella narrativa con questo libro, che ha venduto più di ottantamila copie nella sua terra natale, è stato tradotto in più di venti paesi e ha vinto, nel 2020, l’International Booker Prize, il riconoscimento più prestigioso dato in Gran Bretagna per i testi non in lingua inglese.
Scritta in un modo assolutamente originale, con un linguaggio ricco di immagini capaci di scuotere la coscienza e di imprimersi nella testa come punteruoli, questa storia ti scrolla e ti si conficca dentro, per riecheggiare a lungo.
Nutrimenti si conferma una casa editrice di altissimo livello, capace di scovare voci autentiche, coraggiose, fuori e dentro i nostri confini e di proporre titoli che non si dimenticano.
In questo racconto si susseguono immagini, riferimenti, allegorie che colpiscono come folate di un vento freddo in un giorno di sole invernale. Non sono carezze ma ti svegliano, ti spingono a stare più concentrato e attento.
La storia è riassumibile in una riga: una famiglia di contadini subisce il lutto della perdita improvvisa e inaspettata di uno dei membri. Questo evento sconvolge l’esistenza di tutti, segnando uno spartiacque oltre il quale non si può più tornare indietro. In quella fattoria cala il silenzio, tutto è votato al tentativo di nascondere il dolore che, invece, proprio per questo, pulsa ancora di più, dal profondo e smuove il territorio interiore di ogni personaggio coinvolto.
Tutto visto attraverso gli occhi e la voce di Jas Mulder, ragazzina di dieci anni appena, che ci mostra questa comunità aggrovigliarsi in una spirale e non riuscire a trovare più la via d’uscita.
Quello che colpisce è la capacità di entrare così bene dentro l’anima di questa bambina, di rendere con parole degne di una coltellata, i tormenti, le paure, i passaggi tipici di chi sta per precipitare nel mondo oscuro dell’adolescenza.
Mi immagino il lavoro del traduttore, ma anche la sua soddisfazione, la sua gioia nel dover trasmettere nella nostra lingua un lessico così variegato, completo, totale. Ecco: forse questo è l’aggettivo adatto. Sembra che questa storia non potesse essere raccontata che così, in questo modo: è questa la convinzione che rimane dopo averla finita. E solo una scrittrice di così profonda sensibilità poteva riuscire a entrare in un’empatia tale con la propria creatura.
La sensazione è che la Rijnveld riesca a tenere lo sguardo dove noi non riusciamo a mantenerlo, ci stanchiamo prima, mentre lei persiste e trova l’essenza delle cose e la lascia venir fuori attraverso le parole giuste per mostrarla.
Un libro che non è rassicurante, per niente. Che ti lascia con una sensazione di disorientamento, come chi si trova alla fine di una scalata in montagna, prima di alzare gli occhi dalla sommità della vetta.
Il finale è una coltellata in piena regola. Eppure non poteva che arrivare così, come un pugno. Che fa male, ma ti sveglia e passata la botta, ti aiuta a crescere.
E tutto questo in una prosa scorrevole, moderna, dal ritmo fluido, però con una scelta stilistica di termini spiazzante, a metà tra il lessico poetico e quello di una sceneggiatura cinematografica.
Opera disturbante e potente.
Tra i libri più belli letti quest’anno. In assoluto.
Buona lettura.
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