disegno in copertina di Rachele Nannini
#5 Libro Maledetto
di Ivan Nannini
Un libro maledetto, storie inquietanti e atmosfere scure. Anche il tempo mi è venuto incontro in questo giugno fresco e piovoso. Una nottata, quella in cui vi sto scrivendo, che potrebbe essere definita in maniera un tantino ovvia e scontata come “buia e tempestosa”. Un libro maledetto dicevamo, un qualcosa che risiede nell’inconscio di ognuno di noi: quel volume che se ne sta lì al suo posto in libreria pronto a far vittime tra i curiosi.
Il libro in questione si intitola “Il Re Giallo”, “King in Yellow” nella versione originale di Robert W. Chambers.
Quanti di voi ne avranno sentito parlare? Non ne ho idea.
A me lo ha proposto mia figlia, non il solito alieno o l’omino nel cervello insomma, e senza tanto pensare l’ho acquistato on line. Certo è che per qualche giorno mi sono chiesto: ho preso un libro maledetto… ma perché? Me lo voglio davvero tenere in casa? Lo leggerò impazzendo definitivamente, come mi ha riferito mia figlia citandomi informazioni prese su qualche video sul web? Oppure lo sfiorerò passandoci accanto per togliere la polvere d’intorno sulla scrivania, senza mai consultarlo?
Tutte domande lecite, direi, fin quando non me lo sono ritrovato in mano, consegnato in una scatoletta fatiscente da un corriere frettoloso. Attraverso una fessura si poteva intravedere addirittura la copertina, o meglio, qualcosa di nero e giallo con una bella sfregatura nel bordo.
Dopo aver tolto l’involucro con uno strappo deciso, per il resto della giornata il volume restò in bella vista sul tavolo a riposare.
Ci passai accanto svariate volte, osservando il disegno stilizzato di un re in giallo su fondo nero; ma si sa, fra i panni da stendere, i piatti nel lavabo e la posta da leggere non c’è mai tempo. Spesso le giornate passano così nell’attesa, finché il momento a un certo punto arriva e se non arriva lo fai arrivare. Quindi una sera mi buttai sul divano, a leggere quel coso ormai familiare.
Scoprii con sorpresa che non si trattava di un romanzo, bensì di una raccolta di racconti. Dieci in tutto, così recita la quarta di copertina, definendo l’opera come “un capolavoro della letteratura gotica”. La prima cosa che pensai fu: possibile che un libro che il web intero, nelle sue infinite dicerie, descrive come pericoloso e oscuro sia così facile da reperire? Possibile che me lo possa sfogliare così tranquillamente sulle ginocchia come fosse un semplice Dylan Dog?
Ebbene sì, e sapete perché? Perché in definitiva il libro non esiste ma si trova soltanto all’interno delle storie; non tutte tra l’altro ma circa una metà, coinvolgendo i personaggi e solo di riflesso noi lettori. In effetti i racconti più famosi sono quelli che hanno come filo conduttore “il Re Giallo”, una fantomatica tragedia che induce alla pazzia tutti coloro che la leggono.
Una cosa che mi divise, come dire, in due. Da una parte mi lasciò la bocca amara, dato che non fu possibile leggere il suo contenuto sconvolgente trovandosi questo in un altro mondo, in un altro piano di esistenza. Dall’altra invece la cosa risultava molto accattivante, non solo per l’inarrivabilità di un qualcosa di atteso, ma piuttosto per l’attrazione che questo espediente creava verso la lettura e la presa della mia attenzione al testo. Detto in parole povere, un metodo efficace per entrare dentro la storia.
Chambers deve aver tentato di creare qualcosa di nuovo ma con tutti i dubbi del caso. Infatti, come dicevo prima, nella raccolta i racconti dedicati all’influenza negativa del “Re giallo” sono una metà; come se li avesse appositamente protetti con un altro tipo di narrativa molto più romantica. Penso a questo anche per il fatto che in seguito la sua letteratura si baserà proprio su quest’ultimo genere, lasciando l’esperienza oscura per sempre imprigionata all’interno di questo libro.
Tante invece sono le influenze che proprio questo lato oscuro ha stimolato negli anni a seguire, a partire da H.P. Lovecraft il quale affermò: “quest’opera raggiunge vertici straordinari di paura cosmica”, fino alla serie tv “True Detective” che hanno reso il concetto di inquietudine cosmica a un livello più ampio.
Ma parliamo anche di come sono scritti questi racconti. Chambers non nasce come narratore ma studia pittura negli Stati Uniti per poi completare la sua formazione negli ambienti Bohémienne parigini, esponendo le sue opere addirittura al “Salon” del 1889. Solo al suo ritorno in patria inizia a dedicarsi, oltre alla pittura e alle illustrazioni su varie riviste, anche alla narrativa. La sua scrittura difatti è intrisa da questa esperienza e i personaggi sono indubbiamente tratti dallo spaccato umano di quel periodo. Una scrittura molto affascinante sia nelle sue sfumature tragiche e oscure che nelle rocambolesche descrizioni romantiche più estreme. Una varietà invidiabile di vocaboli e un gusto “retró” veramente amabile.
Alla fine mi sento di consigliare questa raccolta dove la maledizione più efficace, secondo me, è proprio quella di favorire il rimestare del calderone di emozioni al nostro interno che molto spesso, a causa anche di tutto il buonismo letterario, la conformazione e la standardizzazione del testo fino alla tendenza sempre più marcata alla semplificazione linguistica, rischiano di renderci alieni da noi stessi.
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