di Cristi Marci
Conosciuto come il maggiore esponente della letteratura polacca, Bruno Schulz si conferma quale creatore di quei numerosi mondi, che attraverso la sua penna e la sua fervida immaginazione, prendono facilmente vita, tra le pagine delle sue opere. Tra queste si possono annoverare Le Botteghe Color Cannella e Il Libro Idolatrico, i quali all’unisono, non solo riflettono il potenziale immaginifico del noto autore, bensì la compartecipazione di diverse trame accomunate da un unico stile linguistico; quello dell’imprevedibilità.
Quest’ultima infatti è il perno attorno al quale convergono le diverse tematiche trattate dall’autore, quali l’infanzia, la morte e l’ingresso in una vita adulta entro la quale portare con sé i resti di un passato negato, perduto ma pur sempre accessibile grazie al mito e alla pluralità di linguaggi adottati dall’autore.
Vissuto a cavallo della seconda guerra mondiale, l’autore polacco incarna appieno la figura di “custode di più mondi, di più volti, nonché di più divinità” (Hillman, J., 2019), che attraverso i suoi racconti, secondo le parole di Hillman, chiamano in causa quei “comportamenti divini, pronti a rendersi presenti nel quotidiano”. Facendo così del mito uno strumento narrativo grazie al quale raccontare le vicende attuali, intrise di un linguaggio unilaterale e traducibile in una “nevrosi collettiva” (Hillman, J., 2019). L’aspetto dunque affascinate risiede proprio nell’utilizzo di uno stile analogico connotato di immagini, metafore ma soprattutto di quella genuina imprevedibilità che renderà sempre più autentica la vita dei personaggi, le loro peripezie e la loro quotidianità.
Descritta in maniera del tutto sorprendente, l’infanzia rappresenta per Schulz quella tappa iniziatica che ciascuno di noi dovrebbe valorizzare, custodire e nondimeno coltivare soprattutto nella vita adulta. Arricchite e caratterizzate da una pluralità di stili, le sue opere se in un primo momento sembrano distrarre il lettore dalla trama principale, di contro sembrano celare qualcosa di irraggiungibile, che Schulz non tarda a “miticizzare” (Hillman J., 2010). A rendere dunque molteplice.
Al giorno d’oggi, i suoi scritti si prefigurano quale porta di ingresso verso un linguaggio apparentemente dimenticato, ma del quale tuttavia non dovremmo mai cessare di aver cura, proprio perché connesso con quella che James Hillamn definisce “la nostra parte più atavica, naturale e talentuosa” (Hillman, J., 2019). Dalla quale oltremodo attingere quella “predisposizione” pronta a tradursi in nuove trame, che altro non attendono se non di essere raccontate e tramandate nel tempo.
I suoi racconti pertanto risentono pienamente di quella “trasformazione alchemica” (Hillman J., 2010) rispetto alla quale il proprio Io con le sue traduzioni e interpretazioni immediate sembra dover fare i conti con una nuova logica, nonché con un nuovo stile attraverso il quale raccontare il proprio passato sotto una nuova luce; quella del mito e della fantasia.
Nello specifico entrambi (il mito e la fantasia), negli scritti di Schulz, trovano ampio spazio in quello che lui stesso definisce “Autentico” (Schulz, B., 2021), ossia vera e propria creatura vivente in grado di scardinare quei limiti rigorosamente imposti sia dalla ragione, quanto dalle norme comuni. Secondo l’autore infatti, “l’Autenticità vive e cresce, si espande durante la lettura e ha confini aperti ad influssi e correnti” (Schulz, B., 2021). Quanto risulta affascinate è proprio l’invito da parte dell’autore (attraverso i suoi scritti), a ripristinare quel linguaggio antico che secondo la visione di Hillman, “la corrente del nominalismo non può contenere” (Hillman, J., 2019). Secondo il noto psicoanalista se in passato questa corrente di pensiero “era propensa a ingabbiare le capacità espressive del nostro linguaggio inconscio” (Hillman J., 2019), al giorno d’oggi non dovremmo “essere terrorizzati dall’inafferrabilità del trascendente”.
Le metafore e i numerosi linguaggi che caratterizzano le sue opere, sono inoltre accompagnati da un altro strumento espressivo, ossia quello del disegno. L’autore infatti, quasi a voler mettere in crisi la razionalità odierna e i suoi molteplici tentativi di interpretare nell’immediato quanto leggiamo o conosciamo, propone diverse tavole (disegni), che se sotto il profilo psicodiagnostico possono falsamente tradursi “in etichette” (Schulz, B., 2021), attraverso le sue pagine promuovono viceversa quella libera espressione fatta di contraddizioni, mistero e che proprio per questo evidenziano “quelle divinità, pronte a rendersi presenti negli uomini e in tutte le tappe della vita” (Hillman, J., 2019).
Leggere questo autore, vuol dire sintonizzarsi con quella “moltitudine di mondi che ci abitano”, ma ancor di più con quel lato antico, “Autentico”, “Inafferrabile” e impregnato di quelle trame così “lontane, ma invisibilmente presenti nel nostro quotidiano” (Schulz, B., 2021) che altro non fanno che accompagnarci a nostra insaputa. Consentendo così di riconnetterci con le nostre radici più antiche, pronte a tradursi in nuove parole, in nuovi immagini e in nuovi sogni.
Hillman, J., (2019), “Re-Visione della psicologia”, Adelphi Editore, Milano, 2019.
Hillman, J., (2010), “Psicologia alchemica”, Adelphi Editore, Milano, 2010.
Schulz, B., (2021), “Le botteghe color cannella, tutti i racconti, i saggi e i disegni”, Einaudi Editore, Torino, 2021
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