di Enrico Pompeo
Titolo: Sostiene Pereira
Antonio Tabucchi
Editore: Feltrinelli
Pagine: 212
Ci sono dei libri che non finiscono mai. Che ogni tanto torniamo a rileggere, magari una pagina, un capitolo, a volte solo delle frasi, perché ci sono venute in mente e le ricerchiamo e le sentiamo uguali a come ce le ricordavamo, ma le scopriamo anche possedere degli accenti nuovi.
Sono queste le storie che ci accompagnano, che ci stanno accanto dalla prima volta che le affrontiamo e crescono con noi. Perché questo succede? Perché queste narrazioni non si esauriscono, mantengono uno strato di mistero, di magico che ci sembra di afferrare ma che, appena ci ripensiamo, un po’ ci è sfuggito e ne siamo anche contenti, dato che per svelarlo, per ritornare a quell’incanto, saremo spinti a tornare a quelle pagine.
Ecco, questo libro appartiene a questa schiera, al novero di quelle opere che riescono a parlare a ciascuno di noi, a trovare un’eco nelle nostre corde più intime. Ma dove sta il segreto di questo romanzo? La trama è coinvolgente, ma non particolarmente ricca di colpi di scena o di improvvise sorprese. Siamo nel 1938, in Portogallo, durante la dittatura, e si narra la vita di Pereira, un giornalista di Lisbona che ha abbandonato le pagine di cronaca nera per dirigere la rubrica culturale della rivista dove lavora. Pereira è un personaggio del tutto mediocre, un uomo solitario e quieto, senza idee o posizioni politiche, dedito solo alla letteratura, quella francese in particolare, e al ricordo di sua moglie, morta da qualche anno di tisi, al cui ritratto continua a parlare ogni giorno. Pereira è anche molto abitudinario (pranza tutti i giorni al Café Orquidea ordinando sempre le stesse cose, omelette e limonata).
Un giorno Pereira, leggendo un articolo di un’altra testata, resta piacevolmente colpito e decide di contattare l’autore per offrirgli un posto come collaboratore esterno. Quest’ultimo, un giovane di origini italiane di nome Francesco Monteiro Rossi, accetta senza titubanze; Pereira lo prende così in prova, proponendogli di scrivere dei necrologi anticipati di personaggi celebri ancora in vita (chiamati “coccodrilli” nel gergo giornalistico), in modo che siano pronti per pubblicarli in caso di morte improvvisa del soggetto.
Il contatto con questo ragazzo e con la sua fidanzata Maria, le chiacchierate con il dottore Cardoso, un medico che prova a curare i problemi al cuore di Pereira, spingono il giornalista a prendere coscienza della situazione sociale del paese, fino a compiere un gesto di resistenza civile e di denuncia dei soprusi e delle ingiustizie perpetrate dal regime.
Si tratta, quindi, di un lento apprendistato, di una progressiva acquisizione di presa di coscienza che traghetta Pereira da una dimensione di chiusura, pigrizia e paura a una scelta di schieramento, di consapevolezza, di azione per il riscatto dei più deboli.
Tutto questo ci porta dentro l’orizzonte di storie che sono parte integrante delle nostre letture, presenti in molti romanzi, perciò non è nel cosa succede che si annida il segreto di questo capolavoro. È nella voce, nel tono che Tabucchi sceglie, è lì che si trova la chiave per scoprire il magnetismo di questo libro. Lo scrittore toscano crea un narratore quasi incerto, apparentemente titubante, come se fosse capitato per caso in questo racconto, sembra quasi che non sappia tutto della storia e questo crea un dinamismo, una tensione, una forza che non passa mai, al di là del numero di volte che lo si legge.
L’impressione è di essere entrati in una stanza che possiamo vedere solo attraverso un velo, che ci mostra tutto, ma a frammenti, nella filigrana del tessuto e che ci lascia immaginare, fantasticare, ricostruire. In questo libro non c’è niente di esplicito, tutto è allusivo, simbolo, segno, mai immagine nitida e stabile.
Un libro imprescindibile.
Buona lettura.
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