di Enrico Pompeo
Titolo: L’idiota
Autore: Fedor Michajlovic Dostoevskij
Editore: BUR Rizzoli
A cura di: Laura Salmon
Pagine: 675
Ha ancora senso oggi, nel 2021, leggere un’opera la cui prima edizione originale risale al 1869?
È possibile che un romanzo, accolto al momento della sua uscita anche come un ritratto senza abbellimenti di un mondo russo contemporaneo allo scrittore, possa parlare a noi, oggi, immersi tra internet, i social, la comunicazione digitale?
Questo romanzo, considerato all’unanimità un capolavoro assoluto, dai critici e dal pubblico dei lettori fino alla fine del secolo scorso, può ancora parlare a noi e ancor di più agli adolescenti, i così detti millenials?
Sono domande alle quali non è semplice dare una risposta, eppure è un tema che non può essere trascurato. I grandi romanzi della letteratura sono ancora capaci di emozionarci e scuoterci? E se sì, perché, come mai?
Ci sono degli autori che si situano al di là del tempo, perché riescono a raccontare pulsioni, emozioni che sono patrimonio della sensibilità dell’essere umano, a prescindere dal contesto e dal periodo storico.
Banalizzando e semplificando, si potrebbe dire che sia un cavernicolo della preistoria che un manager di una multinazionale contemporanea hanno sentito, almeno una volta nella vita, una passione amorosa che li ha travolti, li ha annichiliti e resi uno straccio. Ogni essere vivente ha provato invidia e una dose di ammirazione mista a rabbia di fronte a un suo simile capace di accogliere gli accidenti della vita con un atteggiamento mansueto, tenero, quasi passivo.
Ecco, qui sta il segreto: riuscire a trasformare in archetipi delle emozioni, rendere imprescindibili delle raffigurazioni che diventano simboli, punti di riferimento.
Chi ha letto questo libro, ogni volta che si innamorerà follemente, magari all’inizio anche non ricambiato da un carattere volubile, tormentato, ma profondamente passionale, dirà di aver trovato la sua Natassia Filippovna. Chi sentirà crescere dentro di sé un essere oscuro, che fino al quel momento era rimasto nascosto e ne rimarrà preda, dicendo e facendo cose di cui non si sarebbe mai sentito capace, dovendo accettare di scendere a patti con il suo lato buio, non potrà fare a meno di sentirsi trasformato in Rogozin.
E se una volta, magari anche solo una, nella vita sapremo compiere un atto davvero disinteressato, compassionevole, di pura bontà, ci sentiremo, finalmente, degni di paragonarci al Principe Myskin.
E la grandiosità di questo immenso scrittore è che questi tre assoluti protagonisti sanno rimanere se stessi ma anche perdersi nell’incontro con l’altro, assumendone, in alcuni momenti, caratteri e atteggiamenti, dimostrando quanto ognuno di noi sia, nello stesso tempo, controverso e incontrovertibile.
Certamente la prosa, il linguaggio, pur sapientemente tradotti, possono essere difficili, ostici per lettori e lettrici abituati alla brevità della messaggeria istantanea, però, se si è disposti a mettersi in ascolto, inevitabilmente si sentirà una voce che ci parla nell’intimo, che va a toccare corde, emozioni talmente profonde, da rimanerne segnati per sempre.
Quindi, la risposta alla domanda iniziale è un sì convinto e pieno. Leggere L’Idiota significa mettersi in viaggio dentro noi stessi, farsi portare in un mare anche scuro e pericoloso, ma il panorama che si godrà alla fine, compenserà completamente lo sforzo e la fatica dello spostamento.
Ci sono opere che cambiano la prospettiva di chi le incontra, che ti portano in altre dimensioni e dopo non sei più lo stesso.
Questo fanno i classici, e perciò non passano mai di moda.
Buona lettura.
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