di Luigi Pratesi
Nella rubrica “I grandi consigliano” oggi parliamo di avverbi.
Sì perché spesso siamo portati ad usarli abbondantemente, copiosamente… in definitiva, eccessivamente. Almeno questo è il pensiero di Stephen King, non un autore qualunque.
Ma perché questo astio nei confronti dei poveri, bistrattati avverbi? Perché rallentano il ritmo e, contrariamente a quanto si pensi, spesso indeboliscono la frase invece di rafforzarla. Il lettore deve poter immaginare, l’avverbio invece spiega, esplicita, toglie immaginazione.
Nel suo saggio di scrittura creativa, Stephen King è molto chiaro. Un «consiglio che desidero darvi […] è questo: l’avverbio non è vostro amico».
Parole che non lasciano molto all’immaginazione, ma non si può certo dire che il grande scrittore e sceneggiatore americano non abbia provato a spiegare le sue ragioni. Di seguito un piccolo estratto di On writing in cui King spiega – con il suo modo colorito ed ficcante – perché occorre limitare l’uso degli avverbi a quando estremamente (sì, abbiamo utilizzato un avverbio, non ce ne voglia il nostro autore) necessario:
Io credo che la via per l’inferno sia lastricata di avverbi e sono pronto a salire sui tetti per gridarlo a tutti. Per metterla in altre parole, è come i denti di leone. Ne avete uno nel prato di casa vostra, è grazioso e unico. Se non lo estirpate, però, il giorno dopo ne trovate cinque… cinquanta il giorno dopo ancora… e poi, fratelli e sorelle, il vostro prato sarà totalmente, completamente e dissolutamente coperto di denti di leone. A quel punto li vedrete per quelle erbacce che sono in realtà, ma a quel punto sarà – ARGH!! – troppo tardi.
So essere indulgente con gli avverbi, però. Sì, credetemi. Con un’eccezione: il dialogo. Insisto affinché usiate gli avverbi nel dialogo solo nei casi estremi e speciali… ed evitatelo anche allora, se potete. Tanto per essere sicuri che sappiamo bene di che cosa stiamo parlando, esaminate queste tre frasi:
«Mettilo giù!» gridò lei.
«Ridammelo», supplicò lui, «è mio.»
«Non siate sciocco, Jekyll», disse Utterson.
In queste frasi, «gridò», «supplicò» e «disse» sono verbi che qualificano il parlato. Ora osservate queste correzioni di dubbio gusto:
«Mettilo giù!» gridò lei minacciosamente.
«Ridammelo», supplicò lui angosciosamente, «è mio.»
«Non siate sciocco, Jekyll», disse Utterson sdegnosamente.
Le ultime tre frasi sono tutte più deboli delle tre precedenti e la maggioranza dei lettori se ne sarà accorta subito.
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