di Luigi Pratesi
Lentamente muore.
Sì, certamente. Ma chi? Nessuno che conosciamo, spero. Eppure tutti, in un certo senso. In molti, sembra pensare la giornalista e scrittrice brasiliana Martha Medeiros che ha scritto una poesia che si intitola proprio così. Lentamente muore.
Pubblicata per la prima volta nel 2000, sul quotidiano Zero Hora di Porto Alegre, in Brasile, è incentrata sul cambiamento, sulla necessità di non assuefarsi alla vita, alle abitudini, alla realtà che ci viene confezionata dai media e dalla società. Una poesia che incita a coltivare la creatività, il pensiero indipendente, a vivere oltre i nostri limiti.
Può piacere, non piacere. Può risultare illuminante o sembrare banale. La si può ritenere coraggiosa o ruffiana. Poco importa. Io, personalmente, trovo questo componimento un promemoria a me stesso.
Lo so, lo so. A questo punto sale la curiosità. Mi pare giusto. Quindi vi ripropongo il testo della poesia, così che la possiate leggere e valutare con la vostra testa, senza sentirvi in obbligo di trovarla “bella” o “brutta”.
Lentamente muore
Lentamente muore
chi diventa schiavo dell’abitudine,
ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi,
chi non cambia la marcia,
chi non rischia e cambia colore dei vestiti,
chi non parla a chi non conosce.
Muore lentamente
chi fa della televisione il suo guru.
Muore lentamente chi evita una passione,
chi preferisce il nero su bianco
e i puntini sulle “i”piuttosto che un insieme di emozioni,
proprio quelle che fanno brillare gli occhi,
quelle che fanno di uno sbadiglio un sorriso,
quelle che fanno battere il cuore
davanti all’errore e ai sentimenti.
Lentamente muore
chi non capovolge il tavolo
quando è infelice sul lavoro,
chi non rischia la certezza per l’incertezza
per inseguire un sogno,
chi non si permette almeno una volta nella vita,
di fuggire ai consigli sensati.
Lentamente muore
chi non viaggia,
chi non legge,
chi non ascolta musica,
chi non trova grazia in se stesso.
Muore lentamente
chi distrugge l’amor proprio,
chi non si lascia aiutare
chi passa i giorni a lamentarsi
della propria sfortuna o della pioggia incessante.
Lentamente muore
chi abbandona un progetto prima di iniziarlo,
chi non fa domande sugli argomenti che non conosce
o non risponde quando gli chiedono qualcosa che conosce.
Evitiamo la morte a piccole dosi,
ricordando sempre che essere vivo
richiede uno sforzo di gran lunga maggiore
del semplice fatto di respirare.
Soltanto l’ardente pazienza
porterà al raggiungimento di una splendida felicità.
Fin qui nulla di strano, se non fosse che – ormai da alcuni anni – sul web questa poesia viene presentata come un componimento di Pablo Neruda.
Non si tratta di una burla orchestrata da ragazzini, o forse sì. Nessuno sa bene come sia nata l’idea di attribuire la poesia al grande poeta cileno. Sul web si trovano le teorie più disparate: da esegesi lessicali, ad affinità tematiche.
Quello che è certo è che persino un noto politico italiano, in un discorso al Senato (era il gennaio 2008), è caduto nell’errore costringendo (si fa per dire) la Fondazione Pablo Neruda a chiarire l’equivoco e istigando la risposta piccata dell’editore di Neruda in Italia.
Stefano Passigli, infatti, che ha pubblicato in Italia circa quaranta titoli delle opere di Neruda (fonte il sito della Passigli Editore), si sentì in dovere di emettere un comunicato molto duro: “Chi conosce la sua poesia si accorge all’istante che quei versi banali e vagamente new-age non possono certo essere opera di uno dei più grandi poeti del Novecento“.
Al di là di ogni giudizio sul tono e sul contenuto del comunicato, quello che rileva è che molti, ancora oggi, pensano che la poesia Lentamente muore sia di Pablo Neruda, mentre solo chi davvero è interessato ad approfondire notizie di dodici anni fa scopre che la verità è diversa. Quasi nessuno ricorda le parole di smentita di Passigli.
C’è molto poco di davvero importante dietro questa storia, che sia infatti Martha Medeiros o Pablo Neruda l’autore, le parole della poesia non perdono o acquistano nulla della forza che già posseggono. E questo non è neppure il solo caso di falsa attribuzione che si trova sul web, si potrebbero fare molti altri esempi.
Però qualcosa ce la insegna questa piccola, buffa, ordinaria storia.
Punto primo, internet è una fonte inestimabile di informazioni, ma si deve stare attenti a verificarne l’attendibilità per capire cosa è davvero una notizia e cosa invece è solo una fake news.
Punto secondo, non importa che le notizie siano vere o false, una volta che sono rese pubbliche c’è sempre qualcuno che ci crederà, al di là di ogni contraria evidenza.
Molto spesso, come probabilmente in questo caso, l’equivoco è frutto di un errore, ma altrettanto spesso notizie false o opinioni spacciate per verità sono diffuse volontariamente, con l’intento di screditare o avere un tornaconto personale.
Ma questo è un discorso che ci porterebbe lontano dalla letteratura e dalla poesia di Martha Medeiros. Quindi torno al punto e vi invito a godervi questo componimento cercando di coglierne non solo lo spirito ma, soprattutto, il significato che ha per voi.
E, mi raccomando, non dite agli amici che è di Neruda!
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